lunedì 30 novembre 2009

Aurum Tolosanum, l’oro maledetto. - Hera ottobre 2009

Hera - Ottobre 2009

Sono approdata con un certo orgoglio sulle pagine di Hera, questo è il mio battesimo:


La leggenda dell’oro maledetto di Tolosa affonda le radici verso il III secolo a.C quando la discesa di alcune tribù Celtiche guidate da un capo di nome Brenno nella penisola Balcanica, li porterà fin sugli altipiani dell’Anatolia, e Ancyra, l’odierna Ankara, diverrà capitale del regno dei Galati.
I greci che già avevano nominato κέλται (Kéltai) le tribù celtiche stanziate nei pressi della loro colonia nel Golfo del Leone, l’0dierna Marsiglia, qui li chiameranno γαλάται (Galàtai), forse usando il nome con cui loro stessi si identificavano; il territorio conquistato dai valorosi guerrieri cinti sul collo dalla Torque sarà in seguito noto con il nome di Galazia.
Continua sul numero in edicola ...

mercoledì 23 settembre 2009

La Cerca (Chevalier de la table ronde)

Si va per Graal pensando che non lo si troverà mai, perché non si sa che aspetto abbia, né come funzioni. Si è conviti che solo un cuore puro possa trovarlo, comprenderlo ed ammirarlo e siccome sappiamo tutti di non esserne degni, ci accontentiamo di questa infinita cerca su questo cammino che sembra più un pellegrinaggio per l’espiazione di qualcosa che la convinzione di trovare l’oggetto sacro.
Noi, per esempio, forse non abbiamo saputo fare la domanda giusta, esattamente come Perceval. Non a cosa serve il Graal ma a chi serve il Graal: la domanda implica la voglia di conoscere le pene degli altri e la volontà di servire ad alleviarle. Perceval non la pone per “educazione”, forse la stessa che ci fa stare fuori dalle mischie che avvengono intorno a noi. La voglia di non essere coinvolti sperando che nessuno rompa la nostra bolla di benessere e che tutto si risolva senza il nostro intervento, la nostra presa di posizione. Errore! La storia evolve proprio quando Perceval (noi) entra nel malessere degli altri e se ne fa partecipe, coinvolgendo il cuore e la mente. È quell’amore universale che Perceval finalmente trova dentro di sé, la chiave per trovare, comprendere ed ammirare finalmente il Graal. In questo il Graal serve a chi e a cosa.

giovedì 10 settembre 2009

BURLESQUE.

La vera storia di Bigou, Gelis, Gaudì e i cavalieri dal saio nero.
Cronaca di un sogno dettato da una cena pesante ovvero: L'hypnodigestomachia Cassölis.

Prima della sua fuga a Sabadell, Bigou si rivolse al visconte Chefdebien d’Agrefeuille Cavaliere di Malta e Gran Maestro della Loggia dei Filadelfi di Narbona per consegnare loro quanto ricevuto tra mille ripensamenti dalla marchesa Marie de Negre vedova Hautpoul. I documenti relativi alla loro ricerca sulla ‘Parola perduta’ erano stati gelosamente custoditi dalla famiglia Hautpoul [ che li aveva ricevuti cinque secoli prima dagli Haupold, ramo teutonico appartenente ai cavalieri dalla croce bianca in campo nero, che li avevano sottratti ai cavalieri dalla croce rossa in campo bianco ma questa è un’altra storia…] fino all’estinzione del loro ramo a Rennes le Château nel 1739, quando muore in giovanissima età l’unico figlio maschio di François d'Hautpoul. In cambio del preziosissimo documento Bigou ottenne dai Cavalieri di Malta (di cui facevano parte il visconte e il di lui figlio Marchese Francois Chefdebien de Saint Amand) un discreto ‘tesoretto’ che preferì nascondere in un sotterraneo nascosto del castello degli Hautpoul, raggiungibile anche dalla cripta della chiesa (sperando naturalmente in un vicino ritorno) e la protezione necessaria per oltrepassare il confine, ponendosi finalmente in salvo nella cattolicissima Spagna. Prima di partire, Bigou lasciò comunque nella chiesa della Maddalena le informazioni necessarie per trovare sia il gruzzolo che una parte segreta del documento che, non fidandosi eccessivamente, aveva tenuto celato ai Narbonesi.
Nel gennaio del 1891 Alfred Sauniere, su indicazioni del fratello Berengèr che aveva trovato durante gli scavi nella chiesetta alcune indicazioni su questa storia, sottrae molto incoscientemente alla famiglia dei Chefdebien il documento, attirando le ire della Loggia del Rito Primitivo su tutto l’Aude. Sauniere si rende subito conto dell’importanza delle carte ottenute e chiede consiglio al superiore della Loggia Martinista del Razes: Antoine Gelis il quale, in quel periodo, rivestiva il grado sacerdotale di Superiore Incognito. Nel settembre del 1891 Gelis lo convinse a cedere il prezioso documento in cambio di una cospicua somma, che permise l’avvio in pompa magna dei lavori a Rennes le Château alla ricerca del documento mancante. Ma negli anni seguenti mal gliene incolse a tutti quelli che presero parte a questo complotto. Primo fra tutti a pagarne le conseguenze fu Gelis.

Abbondantemente sovvenzionato da fondi in arrivo da Lione e più esattamente dal Willermoz (a cui Gelis aveva consegnato il documento) affinché proseguissero i lavori di ricerca nel paese di Saunière, minacciato a più riprese dai Narbonesi per la riconsegna di quanto loro sottratto da Alfred, Gelis resistette alla pressione di entrambi fino all’autunno del 1897 quando qualcuno cercò di recuperare con la forza il documento che si credeva ancora nelle sue mani. Gelis non ne divulgò il destino nemmeno durante i pesanti maltrattamenti che precedettero solo di poco il suo assassinio e la sua borsa, naturalmente, non conteneva più il documento cercato. Alfred, Sauniere, Boudet e non ultimo Rescanière, subiranno la vendetta lenta ma puntuale dei Narbonesi. Il documento (incompleto) attraverserà la rimanente storia lasciando dietro di se una scia incredibile di morti misteriose. Portato a Parigi da uno dei Superiori Sconosciuti più affascinanti della storia, Emma Calvè, il documento fu consegnato nelle mani di colui che si sarebbe incaricato di nascondere e criptare parte del contenuto nella costruzione più misteriosa del nuovo secolo: la Sagrada Famiglia di Barcellona. Gaudì stesso subì la feroce vendetta dei cavalieri del saio nero. Chi è il nuovo custode sa che nelle due chiese è racchiuso il segreto della Parola Perduta. Mal gliene incolga.

domenica 12 luglio 2009

A noi che ce ne importa?

Spogliata, sezionata, analizzata dalla scienza e dalla logica, RLC rischia di finire con facilità nel magazzino degli oggetti smarriti della memoria collettiva, sepolto sotto la polvere pesante della truffa o imprigionato nell’appiccicosa ragnatela dell’inganno.
Ma a noi che ce ne importa?
A noi che ci deliziamo per ogni dettaglio architettonico sospetto, per uno sguardo sulfureo e marmoreo, per una pietra incisa o per un’effimera luce azzurra, che ce ne importa?
Che ci importa di ribattere fino allo sfinimento alle accuse di normalità rivolte contro di lei? E’ fiato sprecato, parola perduta.
Come una vecchia fiaba, per noi la magia è realtà, l’illogico rasserena, l’impossibile è probabile. E ogni volta a Rennes apriamo la Porta Coeli e cerchiamo la scala nascosta per il Paradiso.

venerdì 22 maggio 2009

I giardini di Sauniere.

(work in progress)




“Potreste, sapendo,
pronunciare a bassa voce le parole che il giardino dice
e sareste capaci di dirigere una
delle innumerevoli forze che agiscono nel mondo sublunare.
Il giardino è un apparato per dominare l’universo.”
(U.Eco-Il pendolo di Foucault)


Oggigiorno le tracce delle belle aiuole che un tempo decoravano i giardini di Rennes-le-Château risultano compromesse dall’inesorabile passare del tempo, da scavi e da anni d’incuria. Chi li riproduce nelle planimetrie, nelle mappe, nei manifesti e perfino nei fumetti, sembra non curarsi affatto del loro disegno originale, quello che si scorge sulle vecchie cartoline volute da Saunière che pure appare di un’ordinata ed attenta geometria, frutto di un lavoro preciso che non ha lasciato nulla al caso.







Come in tutto il resto di queste proprietà, che nella loro semplicità soddisfano le fantasie più complesse adattandosi indulgentemente ad ogni ipotesi, anche i giardini rientrano nella creatività inventiva dei cercatori, supportati dalle stranezze del loro creatore e con risultati a volte davvero affascinanti. Ma la loro bellezza originaria, rivelata dalle vecchie foto rinnovate in occasione del recente restauro del Museo, meriterebbe di essere riportata agli antichi splendori.
I turisti vi passeggiano rilassati dopo la visita alla chiesa e alla villa ignorando quasi del tutto le vicende che accompagnarono la loro realizzazione. Eppure, almeno per quello del Calvaire e quello tra le due torri, ciò che si racconta è intrigante quasi quanto quella del parroco.

La loro storia inizia nel 1891.

A quel tempo la chiesa e il presbiterio erano gli ultimi edifici al limite Nord del villaggio alla fine della strada principale, mentre ad Ovest il terreno si arrampicava verso il limite estremo del villaggio delimitato da una falesia naturale su cui si innalzavano un tempo le mura di Redhae e che accoglierà in un futuro non troppo lontano la Tour Magdala.
Quella chiamata Piazza, in realtà non è altro che uno slargo desolato e pieno di macerie dovute ai lavori di ristrutturazione che il curato sta effettuando da circa cinque anni nella chiesa. Nel febbraio del 1891 Saunière sembra interessarsi particolarmente anche a questo terreno.

Anziché limitarsi a sgomberarlo e a ripulirlo, chiede ed ottiene il permesso di chiudere questo spazio con recinzioni per innalzarvi all’interno monumenti religiosi ed aiuole. La municipalità, sollevata probabilmente dal doversi preoccupare di quel terreno periferico fangoso, inutile e ingombro di detriti e con la prospettiva di vederlo finalmente abbellito, pone come unica condizione che la piazza resti pubblica e aperta alla comunità la domenica e i giorni festivi. Pochi, pochissimi giorni all’anno, dunque. Ma questa luogo era, ed è, l’unico accesso all’entrata del cimitero. Recintandola Saunière toglieva a chiunque la possibilità di entrare ed uscire liberamente dal camposanto senza la sua autorizzazione. Un fatto davvero strano che però non sembra turbare in modo evidente i compaesani i quali, come sappiamo, sottoscriveranno una protesta al Prefetto solo nel 1895, lamentandosi esclusivamente dei dissotterramenti selvaggi che nel frattempo il curato compiva al suo interno, protetto da quelle recinzioni che lo tenevano lontano da sguardi indiscreti. I muri del Giardino del Calvaire o Des Rochas, infatti, contrariamente a quelli del Giardino della Vergine, sono molto più alti come si può chiaramente anche vedere in questa foto d’epoca:
Ma andiamo per ordine.
Nel giugno dello stesso anno della richiesta fatta al comune, dunque dopo soli cinque mesi, il primo giardino è perfettamente spianato, cintato e piantumato, già pronto a far da sfondo alle fotografie che ritraggono Mons. Billard, vescovo di Carcassonne, tra i piccoli comunicandi del villaggio.
Saunière è sicuramente orgoglioso di mostrare ciò che ha saputo fare all’interno della sua chiesa e che equivale ad un piccolo miracolo, dato la ristrettezza dei fondi. Il suo sorriso in questa foto è enigmatico quanto quello della Gioconda e lo sguardo furbo sembra già inseguire un progetto ancora più ambizioso.

Se è vero, infatti, che possono sembrare grandiosi i lavori effettuati fino a quel momento, nessuno si aspetta certo di vedere di lì a poco sorgere su quei terreni inospitali la splendida villa e i meravigliosi giardini che presto la circonderanno.

Questo primo giardino è un triangolo retto che ha il vertice vicino allo stipite sinistro della porta d’entrata della chiesa. Una forma curiosa, data la ragguardevole grandezza della piazza. Ma, se osserviamo con attenzione, questa scelta sembra dettata principalmente dal buon senso.

Un vialetto dritto lungo il muro del presbiterio avrebbe infatti coperto in gran parte la visuale dell’entrata. Poco dopo quella che era la casa dei Denarnaud posta quasi di fronte, infatti, la strada curva a gomito proprio davanti alla chiesa, seguendo il dislivello del colle che monta verso Ovest. Il vialetto obliquo ha la malizia di condurre lo sguardo di chi arriva dalla strada principale, dritto verso il portone. Molto probabilmente era anche un sentiero naturalmente disegnato da anni di passaggio per raggiungere la chiesa.
In questo primo giardino recintato, Saunière posiziona il pilastro in pietra scolpita che sosteneva la tavola del vecchio altare e vi pone sopra la statua della Vergine di Lourdes. Ai suoi piedi una lastra richiama il dogma dell’Immacolata con cui la Signora di Lourdes si palesò a Bernadette Soubirous.
Non è comunque qui che vogliamo mettere in risalto i numerosi interrogativi che suscitano lapidi, scritte ed immagini di questi giardini in quanto già ampiamente approfonditi in altri testi.

Ci limiteremo a notare il motivo a merlatura che spicca sul muretto che sarà comune a tutte le costruzioni che seguiranno, ma, soprattutto, che il muretto è basso e si può vedere tranquillamente all’interno.

Per quello del Calvario sarà tutta un’altra storia.

Il Jardin du Calvaire (chiamato anche de Rocailles ovvero delle rocce - il Rock Garden inglese-, così chiamato per la presenza di decorazioni fatte con pietre) di cui abbiamo parlato, è posto proprio di fronte al Giardino della Vergine e prende forma negli stessi mesi. Come abbiamo visto, però, la sua cinta è del tutto differente dalle altre. Alta in alcuni punti tanto da rendere difficoltoso sbirciare dentro e chiusa in altri da cancelli che ne impediscono il libero passaggio. Dobbiamo tenere presente che in questo giardino ‘ben chiuso’ Saunière edifica, disubbidendo agli ordini della municipalità, un locale coperto in cui si rinchiude per ore e il cui accesso è Off-limit per tutti. A pochi passi, nel 1892, erano iniziati anche i lavori per edificare quella misteriosa stanza semicircolare che affianca la sacrestia e a cui Saunière accede dall’interno della chiesa attraverso una porta dissimulata in un armadio. E’, a tutti gli effetti, una stanza segreta. Nel famoso rapporto di Jaques Cholet, che compie degli scavi all’interno della chiesa nel 1959, si segnala una scala proprio nei pressi della sacrestia che sembra portare verso la famosa cripta dei Signori di Rennes: gli Hautpoul. Ma essendo la chiesa di poco posteriore all’anno Mille, è lecito chiedersi quanti e quali personaggi siano in realtà chiusi là sotto.
Quali scavi compie Saunière e perché resta ancora un mistero. Sembra però incarnare perfettamente l’acrostico ermetico del VITRIOL:

V isita
I nteriora
T errae
R ectificando
I nvenies
O ccultum
L apidem.

Penetrando nelle profondità della terra Saunière sembra davvero trovare, più che la lapide occulta, ciò che la lapide (della Marchesa di Hautpoul) occultava. Il suo atteggiamento muta proprio in questi anni e comincia ad avere, se non una illimitata disponibilità di denaro, almeno progetti inimmaginabili nella mente del giovane curato che aveva raggiunto il villaggio nel giugno del 1885.
Tra le affascinanti ipotesi che sono state fatte su questo spazio, oggetto dei primi lavori ‘privati’ del curato, una suggerisce che Saunière abbia voluto celare lo stesso perimetro della chiesa all’esterno, sottolineandolo, sia con il disegno del basamento del Calvaire che vi sorge in mezzo, sia con le aiuole; una sorta di chiesa invisibile ma ben delimitata.
Alcune raffigurazioni lo ritraggono mentre compie appunto complicati calcoli per la piena riuscita del suo progetto.




Se fosse vero, avrebbe un senso quello che si afferma sulla collocazione del basamento del Calvaire che regge il grande crocefisso nel giardino.
Si racconta, infatti, che Saunière fece accuratamente posizionare il basamento del crocefisso affinché si trovasse perfettamente allineato lungo lo stesso asse in cui si trova la tavola liturgica all’interno della chiesa. Anche la Dalle des Chevaliers, divelta dal pavimento davanti all’altare principale, si sarebbe venuta così a trovare nella stessa posizione che aveva dentro l’edificio.



Sembrerebbe il giardino che oggigiorno ha perso più d’ogni altro la sua pianta originale, principalmente a causa dell’evolversi dell’urbanistica.

De Sède traccia nel suo “Le trésor maudit” degli anni ‘60 una piantina piuttosto primitiva del sito che evidenzia però, con chiarezza, una strada che porta verso il castello.
Pur essendo probabilmente già ben delimitate le proprietà dei terreni, vi era dunque un passaggio verso il maniero degli Hautpoul.

In particolare, non sembra esistere al tempo di Saunière la ‘punta’ di questo giardino triangolare così esoterico, che vediamo al giorno d’oggi e che verrà sottolineato dall’ampliamento della casa al confine (nel disegno segnata in rosso e che ora è di proprietà Simmans), come si può ben vedere dalla comparazione di queste piantine del catasto in dettaglio:





Il giardino, stando a De Séde, doveva avere più o meno questo perimetro:





Il grottino della Maddalena, oramai perduto, sorgeva quindi sul lato Sud abbastanza dritto e non dentro una ‘punta’.



In questa immagine si nota abbastanza bene il profilo di confine tra la cinta vecchia e l’aggiunta fatta recentemente per adeguare il perimetro alla nuova costruzione dei Simmans: le pietre sono differenti e manca il classico profilo merlato.

Molti allineamenti esoterici vengono così drasticamente a mancare nel progetto originale smontando alcune teorie, pure molto affascinanti, come questa tra la Serra il Pilastro Visigoto e il Grottino:




o questa, che io stessa avevo basato sull’apparente somiglianza del giardino con l’emblema di Madathanus, falsamente attribuito come ex-libris di Saunière.



Ma solo perché molte teorie crollano sotto le prove documentarie, non significa che il giardino sia privo di mistero. Giacché non è per niente insolita nei manieri e nelle chiese la presenza di collegamenti sotterranei verso altre fortificazioni del luogo o lontani dal centro abitato per garantire comunicazione e vie di fuga durante gli assedi (a Coustaussa si può ancora vedere la botola con la scala che porta a piani inferiori e probabilmente a cunicoli sotterranei), tutti i terreni posti tra queste due costruzioni -presenti entrambe e a pochi metri l’una dall’altra a Rennes: Chiesa e castello degli Hautpoul - potrebbero con buone probabilità celare nelle loro profondità l’accesso a provvidenziali tunnel. Saunière e Simmans avrebbero quindi avuto buone, anzi ottime ragioni per scavare lì sotto.

Il giardino tra le Torri.

Il giardino più suggestivo però, è senz’altro quello all’estremità Ovest del villaggio, quello racchiuso tra le due torri. Nasce per fare da ornamento alla Villa Bethania e la ricca piantagione di alberi, arbusti, cespugli e fiori lo fa somigliare a un vero Paradeisos, il fantastico giardino del Re persiano circondato, secondo la consuetudine, da mura e fornito di torri. Da molti interpretato come una scacchiera, vede sulle ipotetiche caselle opposte proprio una torre in vetro e una torre in pietra.
Il primo piccolo enigma del giardino nasce contemporaneamente alla sua progettazione. Sembra che Saunière abbia speso una cifra esorbitante per innalzare un terrapieno affinché la Tour Magdala (e di conseguenza tutta la terrazza che unisce le due torri) sorgesse in un punto ben preciso del terreno. Cosa doveva contenere quel giardino tra le sue mura, a quale misure doveva obbedire, che non potesse essere ‘rimpicciolito’ affinché le sue finanze non subissero un grave colpo?


La fontana nel mezzo del corridoio circondata dalla scalinata, ricorda per certi versi la fontana della vita, fine ultimo della ricerca alchemica ma anche antica leggenda di acque in grado di donare salute e giovinezza. Ricordiamo che Rennes si trova naturalmente posizionata tra antichi e rinomati luoghi termali ma anche tra acque miracolose, come tramanda la tradizione di Limoux e, un poco più lontano, quelle di Lourdes.


In questa vecchia immagine, sovrastata dai sette pianeti, la fontana della vita è molto simile a quella che troviamo tra le due torri.




Sotto il Reposoir di fianco al cimitero e sotto il camminamento tra le due torri esistono delle provvidenziali cisterne d’acqua che, secondo i più suggestivi racconti dei vecchi di Rennes, che a volte sembrano davvero prendersi gioco dei visitatori, servivano per detergere il corpo di Saunière da una polvere bianca potenzialmente pericolosa che lo ricopriva al ritorno dalle sue infiltrazioni nel terreno effettuate per raggiungere il 'tesoro'.
Il numero ventidue, già sottolineato con enfasi dai ricercatori nelle scritte più famose della chiesa ‘ Par ce signe tu le vaincras’ e ‘Terribilis est locus iste’ è presente con insistenza anche qui. Sono ventidue, infatti, i gradini che salgono sulla sommità della Tour Magdala e quelli che dall’Orangerie scendono in giardino, mentre quelli che portano alla terrazza del belvedere sono undici a sinistra e undici a destra; il ventidue, che sembra il numero fortunato di Saunière, finirà paradossalmente col marchiare la sua data di morte: il 22 gennaio 1917.

Ma al di là delle apparenze e dei si dice, osserviamo quanta cura è posta in questi bei giardini:


Il perfetto disegno delle aiuole e degli elementi decorativi potrebbe indicare, nelle complesse geometrie delle aiuole, continui rimandi a simbologie occulte?

Ne: "Il Pendolo di Foucault" i protagonisti, che sembrano girovagare proprio nel Domaine di Saunière, ne fanno una chiara allusione:
“Il percorso è rituale – ci stava dicendo Agliè – (…) I giardini di Heidelberg imitavano il Macrocosmo, ma chi li ha ricostruiti qui ha solo imitato quel microcosmo. Vedano quella grotta, costruita a rocaille… decorativa senza dubbio. Ma De Caus aveva presente quell’emblema dell’Atalanta Fugiens di Maier dove il corallo è la pietra filosofale. De Caus sapeva che attraverso la forma dei giardini si possono influenzare gli astri, perché ci sono caratteri che per la loro configurazione mimano l’armonia dell’Universo… (…) non ci può essere rapporto tra noi e gli esseri divini se non per sigilli, figure, caratteri ed altre cerimonie. (…) ogni aspetto di questa terrazza riproduce un mistero dell’arte alchemica, ma purtroppo non siamo più in grado di leggerlo, nemmeno il nostro ospite. Singolare dedizione al segreto, ne converranno, in quest’uomo che spende quanto ha accumulato negli anni per far disegnare ideogrammi di cui non conosce più il senso.”

Il giardino delle torri si presta con grande facilità alle allegorie alchemiche. Le due torri contrapposte e il corridoio che le unisce, rimandano a simbologie presenti nei più famosi trattati alchemici. Del resto, la torre intesa come il forno a torre o Athanor alchemico è ben interpretata dalla tour Magdala e dalla sua merlatura.



Il giardino così disegnato vuole rappresenta l’Opera dell’uomo e la sua vittoria sulla natura selvaggia. La sua mano ha perfezionato e plasmato la terra ed i suoi frutti, per questo è anche una delle più frequenti allegorie alchemiche.
L’emblema XXVII dell’Atalanta Fugiens rappresenta questo concetto:


il giardino piegato al volere e all’opera dell’uomo è ben protetto dalle mura e da grossi catenacci, mentre il profano al suo esterno è redarguito con queste parole: “Chi cerca di penetrare nel Roseto dei Filosofi senza la chiave, sembra un uomo che voglia camminare senza i piedi.” Forse noi camminiamo tra quel che resta delle aiuole di Saunière senza chiave e senza piedi.
La figura di Saunière alchimista non manca di certo nello sfaccettato caleidoscopio dei miti di Rennes le Château, mito che non ha risparmiato nemmeno predecessori molto più illustri del nostro parroco.
Di Papa Giovanni XXII ( il ‘Papa banchiere’ che, al pari di Saunière tanto aveva in orrore la povertà apostolica, che con la sua bolla "Super illius specula" nel 1326 diede ufficialmente inizio alla vergognosa caccia alla streghe e che elevò la vicina Alet les Bains a Diocesi), si racconta che abbia lasciato grandi quantità di lingotti d’oro nei sotterranei del Palazzo dei Papi ad Avignone, frutto del suo instancabile lavoro di Adepto.

Lingotti che i compaesani di Saunière sono pronti a giurare di aver visto anche nelle cantine di Villa Bethania (Claire Corbu, Antoine Captier, L'Heritage de l'abbé Sauniere (Editions Belisane, 1985) e nei sotterranei del castello degli Hautpoul.


Nei secoli il concetto non cambia, meglio un uomo di Chiesa Alchimista o Mago che simoniaco, evidentemente.

Con un po’ di fantasia si potrebbe scrivere tranquillamente un racconto iniziatico sfruttando le allegorie geometriche e spirituali dell’architettura suggerite da questi giardini.
In realtà, ben lontano dall’idea dei parchi ‘paesaggistici’ all’inglese dove la natura selvaggia non è ‘dominata’ dalla mano del giardiniere, Sauniere disegna su questo terreno fino a poco tempo prima brullo ed incolto, magnifiche geometrie adottando in toto i progetti di André Le Nôtre e del giardino classico francese, pesantemente influenzato dagli splendidi dettami dei giardini rinascimentali italiani.
Sauniere, o chi per lui, mostra un vera conoscenza dei giardini classici cari alla monarchia francese.

Riproducendo la moda di questi ricercatissimi giardini, si nota un fasto che l’intraprendente parroco vuol mettere bene in evidenza.
Nella veduta della cartolina forse più dettagliata, si trovano tutti gli elementi principali dello stile Francese tradizionale che richiedono le seguenti regole:
- un forte asse di simmetria
- disposizione simmetrica delle caratteristiche lungo entrambi i lati dell'asse
- un viale a tridente o sentiero a "pie de poule" (piede d'oca), attorno ad un elemento circolare.
- La scala a doppia rampa a ferro di cavallo.

tutti elementi ben visibili nel giardino delle torri.

Il verziere

Anche in questo giardino è chiaramente visibile il grande lavoro effettuato per spianarlo e recintarlo e la grande cura posta nella sua realizzazione estetica. La sua forma suggerisce ad alcuni un rimando esoterico: il cerchio del cielo (macrocosmo) rigorosamente inscritto nel quadrato della terra (microcosmo) sono sormontati da una croce (il giardino più a destra poco visibile).
Ma, o forse più semplicemente, la definizione di orto cintato- l’Hortus conclusus proprio dei monasteri-offre una chiara descrizione per la sua realizzazione:
Un terreno pianeggiante di forma regolare cinto da alte mura, racchiude al suo interno prati verdi, fiori, erbe e frutteti, cornice ideale per una fontana di acqua purissima, da collocarsi sempre al centro.

In questo giardino vi sono alcune innegabili ricchezze di Saunière: frutti, fiori e animali da cortile che, immaginiamo, servano anche come portata principale dei suoi banchetti a Villa Bethania sempre più raffinati, come possiamo dedurre dalle fatture dei vini dei liquori e delle prelibatezze gastronomiche conservate negli archivi. Il suo perimetro di tutto rispetto sembra provvedere abbondantemente alla famiglia allargata di Saunière. Mentre tutt’intorno si diffonde come una nebbia letale lo spettro della miseria portata dalla crisi dei Vignerons, che avrà il suo culmine nel 1907, questo angolo di paradiso sospeso tra cielo e terra regala al nostro curato gli anni più belli, quelli più prosperi.
Affronta spesso l'obiettivo del fotografo nel segno di chiusura e di sfida delle braccia conserte, nessun potere sembra in grado di piegarlo alle volontà altrui.
Sembra una roccia, impassibile alle difficoltà che via via si fanno più incalzanti, assillanti, opprimenti.
Saunière tra queste mura alimenta il fuoco travogente dei progetti coinvolgendo chi gli sta intorno in un'apparente inarrestabile girandola di propositi, fino a che tutto viene improvvisamente interrotto una mattina di gennaio del 1917.
Nella sua Torre, Saunière è vittima di un colpo apoplettico.
Straordinario, inconsapevole protagonista di una grande metafora: la Torre o Maison Dieu, la carta più pericolosa nel gioco dei Tarocchi, mostra la Ragione Divina che si abbatte su orgoglio, presunzione, smania di ricchezze materiali.
Dopo la morte di Saunière i giardini sembrano cadere nella trascuratezza, dimenticati come il bosco della Bella Addormentata.
Il tempo poi, impietoso come un soffio su un effimero mandala, finirà col cancellare queste splendide geometrie codificate.

sabato 4 aprile 2009

La Montagna rovesciata. (Yanni.Nightingale. )

Avevo sempre evitato d’incontrarlo ma il caso aveva fatto in modo che l’unico ristorante aperto a quell’ora tarda fosse proprio di fianco alla sua dimora al limite del villaggio e così lo vidi per la prima volta. Ergendosi in tutta la sua magnificenza nel cielo autunnale, si presentava come un incombente gigante nero e minaccioso. Di lui avevo sentito parlare spesso in toni tutt’altro che lusinghieri: pericoloso, stregato, infido; lo si accusava di ospitare di nascosto individui poco raccomandabili e di stravolgere con i suoi poteri le normali leggi fisiche. Un tipo losco, insomma.
Infradiciati da una lunga giornata piovosa, avevamo entrambi un aspetto orribile ma lui emanava anche un leggero odore di muffa, di marcio, di putrescente. Ogni volta che alzavo lo sguardo su di lui oltre a sentire un gelido brivido lungo la schiena mi aspettavo di scorgere da un momento all’altro il riflesso di due luciferini occhi verdi, ma, fortunatamente, non mi degnò della minima attenzione. Io, al contrario, dalla finestra dell’Oustal continuavo a guardare la sua cima navigare immota per tutta la sera, fendendo instancabile la schiuma grigia delle nuvole; sembrava una nave per l’inferno e l’ultima cosa che desideravo era incontrarlo di nuovo così da vicino.
La primavera seguente, alla fine della strada che uscendo dalle Gorges de Galamus conduce a Rennes-les-Bains, apparve di nuovo, quasi all’improvviso. Questa volta era di una bellezza così straordinaria che, pur sfrondandolo di tutti gli aggettivi diabolici che gli avevo attribuito, lo faceva somigliare a un incantesimo. Forse per farsi perdonare l’aspetto grezzo e cupo del primo appuntamento, aveva indossato un fresco abito dalle infinite sfumature di verde. La testa alta nel cielo blu illuminata dalla sfacciata luce primaverile, si rivelava completamente nuda ma, come per molti altri, questo non faceva che accrescere il suo fascino. Invece di un discreto fiore all'occhiello si era riempito di vistosi cespugli di ginestre gialle e si sentiva chiaramente che aveva esagerato anche con il profumo.
Restò una presenza costante durante le escursioni apparendo improvvisamente dietro una curva della strada o sostando paziente per ore a lato del panorama, fungendo da familiare punto di riferimento. Per attirare l’attenzione a volte ricorreva anche a piccoli sotterfugi: ora mandando un enigmatico bagliore dalle rocce, ora appoggiandosi sulle ventitré una vistosa curva dell’arcobaleno, ora nascondendosi completamente dietro la spessa nebbia del mattino sottolineando, con la sua assenza, l’imperfezione del panorama.
L’ultima volta si è addirittura infilato il famosissimo cappello.
Jules Verne l’aveva sorprendentemente immortalato tra le pagine del Clovis Dardentor: « Sotto il comando del Capitano Bugarach, niente da temere. Il vento favorevole lui lo tiene chiuso nel cappello e non ha da fare altro che scoprirsi per avere vento al giardinetto.! ». Ti viene da chiederti se per caso tutto quel vento sul belvedere di Rennes-leChâteau provenga da lì sotto.
Non puoi confonderlo con una nuvola normale, appare di una consistenza e di un colore particolare e ne scorgi chiaramente la tesa ben calata sulla fronte. Il Bugarach lo indossa, del resto, con la stessa eleganza con cui Humprey Bogart indossava il suo Borsalino.

E’ altresì uno dei segnali che sconsigliano l’arrampicata in vetta. La leggenda più radicata racconta che il cappello nasconda in realtà la presenza tutt’altro che infrequente di O.V.N.I. (Oggetti Volanti Non Identificati).
Se sulla cima dunque, ferve probabilmente un’insolita attività extraterrestre che vi impedisce di raggiungerla, il Bugarach può condurvi ugualmente verso un luogo speciale vicino alle pendici: le Cascades des Mathieux dove pulsa la sua arteria cristallina.
Dall’alto della roccia, l’acqua si tuffa elegante nel laghetto sottostante per proseguire, sinuosa come Melusina, verso l’approssimarsi di altri salti più impegnativi a valle. Non si ha difficoltà a credere che qui si possano rinfrescare abitualmente Bug ed Arach i famosi Lutins, i folletti della zona.
E’ un mondo incantato che sarebbe piaciuto anche alla piccola Alice: “Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe come è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa; ciò che è non sarebbe e ciò che non è sarebbe…” perché il Bugarach ha tutte le carte in regola per esserlo, è, infatti, chiamato anche ‘La montagna inversa’. Per un singolare fenomeno del movimento della placca terrestre verificatosi nell’era terziaria e dovuta a un’insolita sovrapposizione delle rocce, quello che dovrebbe trovarsi in cima, Marna ed Arenaria, si trovano alla base e il Calcare Giurassico svetta singolarmente sulla cima. Si racconta che questo inverta i poli magnetici creando tutta una serie di leggende simili a quelle del triangolo delle Bermuda. Lui, sornione, non nega né conferma, ben intenzionato a tenersi stretto il segreto, confondendo anzi l’interlocutore con piccole illusioni degne del miglior prestigiatore. Riattraversando la Blanque, che simbolicamente apre e chiude questo corridoio, non si può fare a meno di ringraziare di cuore questo ospite straordinario e accettare l’invito verso nuovi sentieri e altri luoghi più arditi, anche se, a dire il vero, allontanandomi vi posso assicurare che ho sentito ancora un piccolo brivido correre lungo la schiena.

Itinerario.
Per raggiungere la vetta del Bugarach vi sono due vie. La prima si trova all’uscita del villaggio omonimo sul “Sentiero Cataro”. Costeggiando il piccolo lago e guadando la Blanque, conduce agevolmente alle Cascades des Matieux ben segnalate da un cartello. Proseguendo permette di raggiungere la cima attraverso la via detta ‘della finestra’ (Par la fenêtre), così chiamata perché sul suo percorso s’incontra un’apertura naturale nella roccia. Dopo questo punto la salita presenta qualche piccola difficoltà perché il terreno è molto roccioso e in alcuni punti bisogna ‘arrampicarsi’ aiutati dalle mani. Niente di estremo ma, per chi ha per esempio bambini al seguito o è proprio inesperto, meglio affrontare l’altro percorso.
L’altra via parte da Col du Linas, raggiungibile in auto sulla D14 pochi chilometri dopo il villaggio di Bugarach e raggiunge la vetta in modo più agevole in meno di un paio d’ore. Tutto il percorso disegna un grande anello che permette di salire e scendere per la stessa via o di completarlo percorrendole entrambe.
Esiste in realtà anche un altro itinerario abbastanza impegnativo detto ‘Par les crêtes’ cioè per le creste, riservata agli escursionisti esperti e abituati alla montagna. Parte a circa 800 metri dal villaggio La Bastide e completa il ritorno in tre vie: sia sulle due piste già descritte sopra, sia tornando alla La Bastide attraverso le rovine dell’ovile di La Couillade che, come ci racconta Boudet nel ‘Libro di Axat’ è un termine Linguadociano che significa Piccolo colle o anche Stretto Passaggio.

lunedì 30 marzo 2009

é vero: facciamo scuola.

La rivista Hera ha indetto un premio letterario sulle vicende di Rennes le Chateau.
Ma il primissimo è stato promosso dalla rivista 'Indagini su Rennes le Chateau' e il vincitore ha scritto un racconto davvero intrigante.
http://www.renneslechateau.it/rennes-le-chateau.php?sezione=concorso&id=isauro

venerdì 20 marzo 2009

Morimondo - Nel nome della Dea Bianca, omnia possibilia sunt credenti

Semplicemente affascinante anche se fosse un'assoluta casualità.
Anche se fosse solo per me e per il mio vagheggiamento, ogni settembre posso godere di questo spettacolo sconosciuto.

martedì 17 marzo 2009

Farò la Guida!!!!!!!!! (forse....)

E’ incredibile come ci si ficchi nelle cose più strane per i motivi più vari.
Motivo: la noia.
Soluzione: corso sull’abbazia cistercense di Morimondo.
(Adooooro il medioevo, quindi mi ci iscrivo senza pensarci un attimo.)
Inconveniente: il corso è finalizzato alla formazione di collaboratori per le visite guidate dell’Abbazia.
Conclusione: tra poco ci saranno gli esami per avere l’abilitazione.
Risultato: confusione mentale.
Domanda: ma bisogna per forza essere cattolici per presentare con amore questo monumento? E’ davvero indispensabile attenersi alla dottrina ufficiale del Cristianesimo per spiegare ragionevolmente il complesso monacale? E perché raccontare una storia in cui è sempre l’Imperatore il cattivo e mai il Papa?
Quanto sarebbe più intrigante raccontare il legame dei monaci con i Templari alle orde di scolari annoiati fino all’inverosimile tra nomi altisonanti di Papi, Abati, e Santi che scorderanno con la stessa velocità del suono con cui sono stati pronunciati?
Quanto sarebbe più bello condurli a conoscere il Giardino dei Semplici, la creazione di una miniatura, la fabbricazione di una birra, la distillazione di un elisir, piuttosto che farli meditare davanti a Cristi massacrati?
Quanto lo sarebbe raccontandolo a chi, più curioso degli altri nonnetti di ‘Villa Serena’, starebbe volentieri ad ascoltare il significato magico del numero otto presente nella figura di due colonne; della disposizione più che geopratica, geomantica del complesso; dell’intrigante, quanto magari fortuito, gioco di luce tra le colonne nel giorno dedicato alla nascita della Vergine, l’unica donna amata da quel misogino di San Bernardo?
Sono molto indecisa se passare l’esame srotolando a memoria tutto quanto insegnatoci dai nostri validissimi (di più: eccezionali) docenti, o essere silurata mentre racconto l’allegoria alchemica dell’iniziazione di San Bernardo quando si nutre del latte di una Vergine Nera…

Comunque(vuoi mettere?), l'immagine della guida è sempre affascinante..., o no?

mercoledì 4 marzo 2009

Rinnovato il museo di Rennes-le-Château.


Ci sono persone che, come diceva Luigi Einaudi, “nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli o scoraggiarli, prodigano tutte le loro energie e investono i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi”.
E’ un pensiero che ho spesso associato a Mariano, direttore di “Indagini su Rennes le Château”, sfogliando le pagine curatissime di questa bellissima pubblicazione, ripensando soprattutto ai primissimi post pubblicati sul forum cosiddetto ‘nero’.
E credo lui sappia perfettamente a cosa mi riferisca.
Il primo marzo 2009 il rinnovato museo di Rennes le Château ha aperto i battenti ai visitatori e se oggi può vantare una veste grafica appetitosa e una documentazione rigorosa, lo deve in gran parte alla dedizione serrata del nostro direttore rivolta al suo progetto e, soprattutto, alla sua realizzazione.
Gli anni dedicati alla ricerca di documenti, articoli e foto, la loro meticolosa catalogazione salvata nei suoi appetibili archivi, i continui confronti con ricercatori di ogni paese, le critiche incassate con la stessa misura degli elogi ricevuti, lo hanno meritatamente portato ad essere, credo, ‘il’ creatore del rinnovato museo.

Grazie, sarà là ad accoglierci ad ogni nostra visita regalandoci una punta di meritato orgoglio italiano!
Beloeil, principe massone, disse: “Per poter creare qualcosa di bello è necessario amare ed essere amati”, credo che tra il Tomatis e Rennes-le-Château ci sia un grande amore. E’ stato creato qualcosa di veramente bello.

http://www.renneslechateau.it/public/forum/viewtopic.php?f=16&t=1899

martedì 3 marzo 2009

La Regola.

Lo so, mentre vi partecipavo ho spesso criticato modi, eventi e regole. A mia discolpa posso solo dire che (giuro) non avevo mai seguito un Reality Show (e non ne seguo tutt’ora) e quindi non avevo idea di come funzionassero le cose. E’ che ci sentivamo quasi tutti fortemente votati alla missione della Cerca del Graal, dimentichi di essere in realtà nelle spire delle ferree regole televisive. A distanza di quattro anni, smessa l’armatura di ‘Cavaliere’, sanate le fratture generate dai salti mortali per conciliare Reality e posto di lavoro, lenite le pene di non aver trovato un accidente, posso dire di avere una serie infinita di bei ricordi incancellabili che superano di gran lunga tutte le difficoltà incontrate, le gaffes e le inevitabili arrabbiature.
Ricordo che avevo in mente fin da subito una méta per quel gioco: Rosslyn.
Decisamente fuori dalle rotte dei viaggi compiuti fino ad allora, Rosslyn restava il miraggio dei sogni irrealizzati. Viaggio dopo viaggio, la Scozia rimaneva metodicamente esclusa dalle tappe dei cercatori tanto che, alla fine, mi convinsi che fosse il premio finale, l’irraggiungibile ciliegina sulla torta della Cerca.
Fortunatamente (visto che non vinsi io) Rosslyn fu l’ultima tappa che assegnarono alla mia squadra e per uno straordinario colpo di … ‘caso’ ci andai io.
In fondo lo avevo sempre saputo:La Regola era stata inventata per portarmi a Rosslyn!
Onestamente, credo di avere avuto più di quanto ho dato e tra le cose ricevute da questo Reality ci sono – senza retorica – alcune tra le amicizie più care.
Di tre di quei bellissimi viaggi ho tenuto un diario e di due ne è stato ricavato un riassunto ospitato ora sulle pagine del sito internet di Marisa Uberti: Due passi nel mistero.
Chi ha voglia di farci un giro le trova qui:
http://www.duepassinelmistero.com/modernicrociati.htm

http://www.duepassinelmistero.com/modernicrociati2.htm

Dalle foto scattate durante le riprese ho ricavato un collage sicuramente incompleto ma sufficiente a formare un piccolo filmato di bei ricordi. Grazie a tutti.

Carnevale a Limoux.



Dal dal 18 gennaio al 29 marzo 2009 tutti i sabati e le domeniche è festa a Limoux!

All’uscita dalle alte valli dell' Aude, a Limoux, esiste da 400 anni il carnevale più lungo al mondo. Catafottennosene alla grande del periodo della Quaresima il carnevale qui arriva fino alle soglie della Pasqua.

Folclore allo stato puro.

Lo spettatore è un elemento attivo della commedia improvvisata dai " Fécos" (musicisti); infatti non c’è un corteo in questo carnevale ma un grande spettacolo codificato dalle norme trasmesse con rigore di generazione in generazione. Il carnevale è una lunga danza ritmata dove i "Masqués" (persone mascherate) accompagnati da una musica tipicamente limouxine, passano da un caffè all'altro tra le arcate medievali di piazza della Repubblica trascinandovi in una grande baraonda festiva. Il 29 marzo la festa si concluderà con il giorno del “Giudizio di sua Maestà Carnevale”, giudizio che arriverà inevitabilmente al suo incenerimento durante la 'Notte della Blanquette', il vino simbolo della città.

lunedì 2 febbraio 2009

Pulci e tesori.


Il cuore batte più forte, temi di non fare in tempo ad arrivare per primo a metterci le mani sopra mentre, in realtà, giacciono quasi ignorati dal resto della folla e sembra che siano stati pazientemente ad aspettarti fino ad allora.
Sono futili quanto fortissime emozioni che può regalare un Marché aux Puces.
Tra la roba ammucchiata sul banco, dunque, ecco una riproduzione della bellissima Madonnina di Limoux- la cara Notre Dame de Marceille -, e una cartolina spedita da alcuni turisti capitati per caso a Rennes-le-Château nel 1973: sfioro la commozione. Ma guai a lasciar trapelare qualsiasi turbamento. I prezzi sono stabiliti dal tremore delle mani che arraffano gli oggetti, dalla lunghezza del filo di bava, dal luccicore degli occhi...

Anche il freddo mercato di E-bay, il più grande Mercato delle Pulci mondiale, può regalare a volte qualche insperata emozione.
Aprendo il libro di De Séde ‘Les Templiers sont parmi nous’ appena acquistato (ed. Julliard 1962), ecco scivolare fuori inaspettati ritagli di giornale degli anni ’60. Ingialliti, delicati come pergamene secche.
Qualcuno, che ha seguito la storia fin sulle pagine dei quotidiani con passione sperando forse nel ritrovamento del fantomatico tesoro, certo non poteva immaginare che invece stava pian piano accumulando un piccolo tesoro tutto per me…

sabato 10 gennaio 2009

L'Alchimista, l'Iniziato e i Custodi. (D.Scarlatti- Aria)


Roma, febbraio 1639.
Pallidi raggi di luce illuminavano obliquamente lo studio del maestro mentre l’odore di vernici, trementina, colla ed olio di lino, ne impregnavano l’aria.
“In verità questa vostra stanza somiglia più al laboratorio del mio giovane amico Palombara che all’atelier di un pittore. Credo che possediate in egual numero polveri misteriose, bacinelle, crogioli, storte ed alambicchi.”
“Mio caro Atanasius, avete proprio ragione! C’è forse molta più alchimia su queste tele che nel laboratorio del Marchese, ma senz’altro meno di quella che custodite tra le spesse mura del vostro Collegio.”
Il Gesuita rise di cuore e s’incamminò al suo fianco fino al cavalletto che reggeva la tela appena finita. Entrambi, per motivi diversi, ne rimasero soddisfatti.
“Con quanta maestria avete corretto, in poco tempo, l’orizzonte di questa tela – osservò Padre Kirker – con quanta sapienza avete riempito di parole questa scena muta. Sapevo di poter contare su di voi!”
“Come dice Cesare Ripa, vi sono ‘immagini fatte per significare una cosa differente da quello che l’occhio vede'. Del resto, voi siete l’ultima persona a cui dovrei dirlo. La vostra improvvisa ambasciata, in ogni modo, non poteva trovare momento migliore. La commissione di ben quattro soggetti da parte dell’ambizioso Rospigliosi, mi ha permesso di occultare facilmente in uno di questi tutto ciò che avete suggerito. Gli occhi di ognuno, infine, vedranno ciò che vogliono vedere. I vostri amici sapranno riconoscervi ciò che hanno richiesto; i miei, l’allusione alla città ancora sepolta sotto lo spesso strato di fango e cenere da cui sperano di estrarne inestimabili tesori. Per quanto riguarda il Cardinale, egli troverà esattamente ciò che mi ha commissionato senza aver nulla da ridire, così questo quadro avrà tre nomi: “La felicità soggetta alla morte” per il Rospigliosi, “La tomba di Ercole” per gli amici archeologi, i “Pastori d’arcadia” per i vostri Duchi. A proposito, quando arriveranno?”

“Non dovrebbe mancare molto mio caro Nicolas. Il viaggio da Firenze è stato piuttosto difficoltoso con questo tempo gelido, ma la loro carrozza non dovrebbe tardare. Entro sera al massimo il Duca e la sua signora dovrebbero arrivare a Roma. Una volta in città e raggiunto il quartiere degli artisti, chiunque sarà in grado di indicare la vostra dimora. Non temete, avete fatto un ottimo lavoro. Ve ne saranno grati.”

“Duecento scudi per aver inserito quei dettagli nel paesaggio e nemmeno vorranno prendersi il quadro?”


“L’importante è che quei riferimenti si possano tramandare Nicolas, è della massima importanza. Vi ho già mostrato come la piccola tela che mi hanno affidato, abbia subito danni così gravi da temere per l’incolumità del dipinto nei prossimi anni. Il Duca di Guisa e la Duchessa di Joyeuse sono in esilio a Firenze e, pur discretamente sorvegliati dalle spie del Cardinale Richelieu, godono di una certa libertà, concessa a loro dal casato dei Lorena. Ciononostante,hanno atteso a lungo prima di affidare il loro segreto ad altri. Il rancore verso di loro non si è ancora spento ed il pericolo che rappresenta questo luogo per la corona di Francia è grande.
La duchessa Henriette-Caterine m’invitò, tramite fidati amici comuni, mentre mi trovavo in visita al povero Galileo e, in quell’occasione, mi raccontò tutto affidandomi il dipinto che vi mostrai. Ora verranno solo ad assicurarsi che il risultato sia all’altezza delle loro aspettative e che il messaggio possa tramandarsi. Non porteranno nulla con loro a Firenze, nessuno avrà nulla da riferire…”

Padre Kirker si strofinò lentamente le mani soddisfatto.



“Nondimeno, Padre, ho pensato che sarebbe stato meglio dissimulare questo sito in un altro dipinto, con più calma e questa volta a titolo completamente gratuito. Venite, ve lo mostrerò
Così facendo il pittore si avvicinò ad un cavalletto coperto da un telo.
“Ecco – disse scoprendolo – è solo in attesa di una commissione, lo sfondo sarà già pronto.”
La stessa collina si stagliava nel disegno sulla tela e , se ancora non fosse stato sufficiente, un personaggio al centro la indicava fermamente con un dito.



(Poussin, Il Battesimo di Cristo)


Restarono assorti per qualche tempo fissando quel luogo idilliaco.
“Sembra quasi che voi abbiate posato il cavalletto proprio lì davanti, tanto è perfetta nei particolari.”
“Io? Io non so nemmeno dove sia… ma voi sì, vero?” chiese maliziosamente il francese tornando lentamente verso il primo dipinto.
“Si, non vedo perché negarlo, lo so! E’ nella lontana Linguadoca, all’ombra dei Pirenei, tra il castello della città di Arcis e quello dell’antica Reddis. Si trova sulla linea del Meridiano sacro, incredibilmente protetto entro una cerchia di fortezze che lo circondano come una corona. Il luogo è sempre stato ben protetto, ma senza dare mai troppo nell’occhio.”
“Un segreto tramandato tra pochi eletti che sanno tenere la bocca chiusa. Abbiamo molto in comune con queste persone, per questo ho raffigurato il nostro Arpocrate, dio della riservatezza iniziatica, nell’ombra del personaggio che indica il sepolcro.
Vedete amico mio? Il dito tocca la bocca ad indicare il silenzio, mentre sul sepolcro nella scritta ET IN ARCADIA EGO viene indicato non la D di Dio, ma la R di Re. Il sepolcro del Re dei Re: un Uomo.”

“Un segreto che farebbe vacillare la fede di molti, Nicolas”
“Ed anche molti troni, suppongo. Voi che ne pensate?”

“Il mio Dio è il supremo organista della grande musica del mondo, dai tempi dei tempi. Passato attraverso mille nomi, continua a diffondere l’armonia dell’Universo sperando di vibrare fin dentro il nostro corpo e risvegliarne l’anima. Dio è altezza, larghezza e profondità; è luce, suono e spirito. Nessuna tomba potrà mai contenerlo.”

La rossa luna piena si rimirava vanitosa nelle scure acque del Tevere. Distrattamente illuminava i contorni della vettura in attesa da tempo sotto la casa dell’artista. Dalla porta uscì una vecchia coppia che si sosteneva reciprocamente, dandosi affettuosamente il braccio. Il sito finalmente riviveva, custodito dove nessuno l’avrebbe cercato. Molto, molto vicino al trono di Roma.


Poussin, La Felicità soggetta alla morte.

martedì 6 gennaio 2009

Janus.



La Soglia. I Guardiani dovrebbero incitarti ad attraversarla o convincerti a desistere mostrandoti la tua coscienza. L'augurio è che sappiano guidarci al meglio.
"Il tuo sapere non è dunque più di un circolo che ti riconduce al punto di partenza. Generazioni intere furono falciate dall'ultima volta che c'incontrammo! Ecco: ora mi vedi di nuovo!" - "Ma io ti vedo senza timore! Benchè sotto i tuoi occhi migliaia siano periti, tu non sei il mio conquistatore, bensì il mio schiavo!" Edward Bulwer Lytton
Carpentras - Fontaine