mercoledì 24 aprile 2013

BULIBRIA: L'INSAZIABILE VOGLIA DI LEGGERE

Per buttarsi tra le pagine dei libri che hanno già una storia. Per ritrovare un libro perduto, un'edizione rara o, semplicemente, un libro accattivante ancora non letto, vi aspettiamo domenica 12 Maggio a Morimondo per la prima edizione di un mercatino di libri, ricca di eventi collaterali.


martedì 8 gennaio 2013

Il monte Bugarach e il Meridiano di Parigi Le triangolazioni di Méchain per calcolare la lunghezza del metro.



 Da: Indagini su Rennes le Château 7 (2006) © Zemiti Lucia 



Le moderne triangolazioni del territorio di Rennes-le-Château, alla ricerca di bizzarri schemi geometrici, hanno un precedente illustre e di straordinario interesse scientifico: tra il 1792 ed il 1799 Pierre Méchain (1744-1804) e Jean Baptiste Delambre (1749-1822) furono impegnati in un meticoloso lavoro di triangolazione da Dunquerque a Barcellona con l’intento di calcolare la lunghezza del meridiano terrestre e ottenerne la misura del “metro”, definito come la decimilionesima parte del quarto del meridiano stesso. Per l’installazione di una stazione di rilevamento venne scelto, tra gli altri, il monte Bugarach, luogo entrato a far parte dello scenario mitologico di Rennes-le-Château come Montagna Incantata. Per Méchain fu uno dei luoghi più difficili da scalare, sia per la sua conformazione sia per le condizioni atmosferiche avverse. Insieme al Cardou, il Pech de Thauze (meglio conosciuto come Bugarach dal nome del paesino ai suoi piedi) fa parte della scenografia del mito di Rennes-le-Château. Maestoso e possente, fa bella mostra di sé per un largo raggio nei dintorni e si svela in tutta la sua bellezza sulla strada che da St. Paul de Fenouillet, attraverso le Gorges de Galamus, arriva a Rennes-les-Bains.
Il Bugarach è legato al Meridiano di Parigi fin dalla nascita di questa linea sul suolo francese (linea rosa  dal colore, forse, della striscia di rame che ne sottolineava il passaggio a terra) e compare sia negli scritti di Cassini che nei diari di Méchain, l’astronomo incaricato dal Re Luigi XVI di misurare l’intero arco di meridiano a sud del paese, da Barcellona a Rodez; sarà il suo collega Delambre ad occuparsi della zona settentrionale, da Dunquerque a Rodez. Il progetto era definire esattamente la lunghezza del metro, fissato dagli Accademici nella decimilionesima parte del quarto del meridiano terrestre. Se preferite, un quarantamilionesimo del meridiano istituendo, una volta per tutte una misura universale: “Per tutti i tempi, per tutti gli uomini”, secondo Condorcet.

Lo straordinario progetto giustifica l’impegno richiesto affinché la rilevazione delle misure sia il più possibile esatta: quella sottile linea rosa sarà la nuova “misura del mondo”.
Dal Meridiano, infatti, nascerà il Sistema Metrico Decimale (dal greco Metron: misura, Delambre e Méchain ammiravano entrambi Omero) e dal Metro si ricaveranno anche misure di area (il metro quadrato), di volume (il metro cubo) e di peso: il chilo sarà definito come il peso di un decimetro cubo d’acqua distillata.
L’impresa impegnò i due studiosi per sette anni tra il 1792 ed il 1799, nel periodo storico che designa la fine della monarchia e l’inizio del Consolato.
A complicare ulteriormente questo difficile periodo ci sarà anche la guerra del 1793 tra Francia e Spagna, scoppiata in seguito all’esecuzione di Luigi XVI cugino di Carlo IV di Borbone re di Spagna, che impedirà le misurazioni di Méchain, impegnato proprio a quel tempo sui Pirenei, fino al 1795.
Partiti con salvacondotti firmati dal Re, i due scienziati dovettero spesso pazientemente attendere nuovi lasciapassare da Parigi, trovandosi ad essere rappresentanti involontari di quel caleidoscopico gioco di potere che si teneva nel frattempo nella capitale.
Ricevuti nei villaggi a volte dai Sudditi, costretti a dar loro qualsiasi cosa in nome del Re,
a volte dai Cittadini, che nulla volevano più avere a che fare con la monarchia, suscitarono quasi sempre incomprensione ed ostilità, rischiando spesso la morte. Le loro postazioni d’osservazione e rilevamento vennero più volte distrutte, in genere da atti di puro vandalismo, più spesso, essendo fatti con buon legname, dai bisogni primari di una popolazione ormai stremata dalla povertà.
Arrivato nell’Aude, Méchain dovrà scalare, il Bugarach per approntarvi il segnale, un’importante
stazione di rilevamento delle sue triangolazioni che venivano poste sui punti più alti del panorama: torri, castelli, campanili, vette.
La montagna sacra rivelerà la sua forza e la sua asprezza durante tutto il tempo occorso allo studioso per le misurazioni, cercando di scrollarsi dalla cima uomini ed attrezzature indesiderate con la forza del vento e l’insidia del percorso. Méchain non ha né il fisico né l’allenamento per queste scalate, il Bugarach sarà ricordato come una delle tappe più dure affrontate.
Denis Guedj ha raccontato l’avventura di Méchain e Delambre nel libro Il meridiano, documentandosi con le lettere che si scrissero e ripercorrendone le tappe. L’avventura sul Bugarach è così descritta:
 “Fu subito terribile. Il picco di Bugarach: una montagna terrificante, niente resiste alla sua violenza. Si dice che vi fossero morte migliaia di persone. La carovana seguiva il capofila, un giovane montanaro di nome Agoustene, che conosceva bene il picco. […] A tratti il sentiero spariva, c’era solo la nuda roccia. […] Il vento cominciò a soffiare, il passaggio divenne così stretto e scosceso che dovettero mettersi a quattro zampe, costretti ad aggrapparsi ai bossi e agli spuntoni di roccia e, a volte, costretti perfino a strisciare. Eroso dalla pioggia il terreno si sgretolava sotto i piedi, provocando cadute di schegge. […] La carovana raggiunse molto tardi la cima. Due sorprese attendevano Méchain: una buona, l’altra cattiva. Il paesaggio si estendeva a perdita d’occhio per decine di leghe; era la notizia buona. La cattiva notizia fu l’incredibile strettezza della piattaforma. Impossibile piantarvi la tenda; c’era appena lo spazio per installarvi il segnale. […] Ogni sera quindi, abbandonavano gli strumenti alla volontà di Dio e ridiscendevano a valle presso la Métairie des Pâtres dove avevano il loro quartier generale.
Mai nessuno volle passarci la notte e nemmeno rimanerci senza compagnia durante il giorno.”
La lettera originale, da cui è stato tratto il testo ed indirizzata a Lalande a Parigi, continua così: “Guardando gli uomini che trasportavano le casse del Cerchio ed il legname per il segnale, mi venivano i brividi. Gli uomini che hanno trasportato le casse fino in cima, hanno giurato che nessuna autorità potrà più costringerli a farlo di nuovo. La cosa grave è che questa postazione non può essere sostituita da nessun’altra. Mi sono disperato ed ho perso tutto il mio coraggio quando ho visto questo segnale, che è costato tanta fatica, abbattuto da un furioso uragano. La montagna è terribile, niente resiste alla sua violenza. Bisogna scendere strisciando ventre a terra se non si
vuole essere portati via come foglie.”
Nonostante tutto, le misurazioni furono effettuate e regolarmente consegnate. Méchain troverà qualche giorno di riposo nella casa del sindaco di Estagel, Messieur Arago, pochi chilometri a sud di Rennes-les- Bains sulla strada per Perpignan, il 23 Vendemmiaio 4 (15 ottobre 1795).
François, il figlio maggiore del primo cittadino, che aveva allora circa nove anni, restò affascinato da Méchain e dai suoi strumenti, tra cui spiccava il nuovissimo Cerchio ripetitore di Borda, un prezioso strumento di misurazione per graduare gli archi di cerchio (che l’astronomo rischiò di perdere proprio durante la permanenza su Bugarach), tanto da intraprendere in seguito gli studi che lo porteranno a diventare membro titolare, a soli ventitré anni, dell'Accademia delle Scienze e a legare il suo nome al Meridiano di cui perfezionò le misure fino alle Baleari, come confermano le placche di bronzo che troviamo a Parigi, lungo la Roseline.
Maestoso e temibile come l’Olimpo, il Monte Bugarach non può che far nascere incredibili leggende.
Le vibrazioni che provengono dall’intimità della terra si rincorrono tra le sue caverne e nei letti degli antichi fiumi sotterranei; la forza creativa del suono cosmico dell’OM cerca lo sbocco verso il cielo attraverso le sue cime, come dai pinnacoli di una cattedrale gotica.
E’ la grande tana della Vöivre, il condotto del Vril. Gli anfratti nascondono il mistero del tempo che non passa, come se il meridiano segnasse anche il confine tra lo spazio ed il tempo. Bambini ed animali persi e ritrovati dopo qualche giorno senza nessun patimento visibile, uomini a cui dopo alcuni giorni di oblio nelle sue viscere non è cresciuta la barba, mammuth blu che governano, parlando in un purissimo Basco, un regno sotterraneo chiamato Grande Euscarie, custode feroce
dell’Arca dell’Alleanza, il Bugarach è, di certo, materia inesauribile per le storie raccontate davanti al camino dell’osteria del paese nelle lunghe e fredde notti invernali, ma sembra che qualcuno le abbia prese maledettamente sul serio.
Daniel Bettex, per esempio, ne rimase affascinato. Cittadino svizzero appassionato di storia Catara, prese contatti con l’associazione Société du Souvenir et des Etudes Cathares di Arques e si dice che lo stesso Deodat Roché lo indirizzò verso il Bugarach. Effettuò più volte esplorazioni sui versanti della montagna e all’interno delle sue grotte, forse si avvicinò più di tutti al suo segreto, ma la morte improvvisa portò via ogni speranza di conoscere il risultato delle sue scoperte.
Per molti la montagna cela un’entrata al mondo sotterraneo situata, come volevano i greci, in Arcadia. La via per il regno di Ade, l’Agharta, il regno del Rex Mundi, l’inferno di Dante…
Secondo Michel Lamy, Pech de Thauze significa Picco Cavo... vuoi vedere che l’Auguille Creuse di Leblanc ce l’avevamo proprio sotto gli occhi? Jules Verne, nel suo Clovis Dardentor (un esplicito richiamo ai Merovingi? O già conosceva l’avo del più famoso Rejeton Ardent degli anni Sessanta?),
chiama il capitano del vascello Capitano Bugarach e “sous le commandement du Capitaine Bugarach, rien à craindre. Le vent favorable est dans son chapeau et il n'a qu'à se découvrir pour l'avoir Grand Largue!"
Cosa ci sarà sotto il cappello del Bugarach? Forse l’inizio di un meraviglioso Viaggio al centro della terra. La trama di questo romanzo verniano, del resto, ricorda per molti versi una storia che noi conosciamo bene… n’est-ce pas?

VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA
Una pergamena (o erano due?) trovata in un vecchio libro (un altare?) contiene un messaggio cifrato scritto in caratteri runici (chissà... il Codex Bezæ?).
Il messaggio, ritrovato e decifrato dal professor Otto Lidenbrock (il nostro Philippe de Chèrisey) contiene le indicazioni per raggiungere il centro della Terra... il Tesoro. Il professore e il nipote Axel (l’Axe... il Meridiano) partono quindi da Amburgo per l’Islanda dove si trova il cratere Jökull del vulcano Snæffels (il Bugarach), da cui parte la via al centro della terra.
Il manoscritto (“Come sono strani i manoscritti di questo Amico...”) sarebbe opera di Arne Saknussemm, alchimista danese del XVI secolo (“...formano un tutto per colui che sa che i colori dell'arcobaleno uniti danno l'elemento bianco, o per l'artista che sotto il suo pennello, fa dalle sei tinte della sua tavolozza magica, sorgere il nero”) che tale viaggio avrebbe effettivamente compiuto (come il grande viaggiatore dell'incognito). Nel viaggio vengono accompagnati da una guida locale: Hans, fedele e assolutamente impassibile (Colui che è di passaggio per fare il bene).


La triangolazione è una tecnica che permette di calcolare le distanze sfruttando le proprietà dei triangoli. Congiungendo due punti, in questo caso Dunkerque e Barcellona, attraverso una catena di triangoli aventi a due a due un lato in comune e applicando il metodo trigonometrico di misura delle distanze in ripetizione, si ottiene, per mezzo di sole misure goniometriche, la misura cercata.