Pallidi raggi di luce illuminavano obliquamente lo studio del maestro mentre l’odore di vernici, trementina, colla ed olio di lino, ne impregnavano l’aria.
“In verità questa vostra stanza somiglia più al laboratorio del mio giovane amico Palombara che all’atelier di un pittore. Credo che possediate in egual numero polveri misteriose, bacinelle, crogioli, storte ed alambicchi.”
“Mio caro Atanasius, avete proprio ragione! C’è forse molta più alchimia su queste tele che nel laboratorio del Marchese, ma senz’altro meno di quella che custodite tra le spesse mura del vostro Collegio.”
Il Gesuita rise di cuore e s’incamminò al suo fianco fino al cavalletto che reggeva la tela appena finita. Entrambi, per motivi diversi, ne rimasero soddisfatti.
“Con quanta maestria avete corretto, in poco tempo, l’orizzonte di questa tela – osservò Padre Kirker – con quanta sapienza avete riempito di parole questa scena muta. Sapevo di poter contare su di voi!”
“Come dice Cesare Ripa, vi sono ‘immagini fatte per significare una cosa differente da quello che l’occhio vede'. Del resto, voi siete l’ultima persona a cui dovrei dirlo. La vostra improvvisa ambasciata, in ogni modo, non poteva trovare momento migliore. La commissione di ben quattro soggetti da parte dell’ambizioso Rospigliosi, mi ha permesso di occultare facilmente in uno di questi tutto ciò che avete suggerito. Gli occhi di ognuno, infine, vedranno ciò che vogliono vedere. I vostri amici sapranno riconoscervi ciò che hanno richiesto; i miei, l’allusione alla città ancora sepolta sotto lo spesso strato di fango e cenere da cui sperano di estrarne inestimabili tesori. Per quanto riguarda il Cardinale, egli troverà esattamente ciò che mi ha commissionato senza aver nulla da ridire, così questo quadro avrà tre nomi: “La felicità soggetta alla morte” per il Rospigliosi, “La tomba di Ercole” per gli amici archeologi, i “Pastori d’arcadia” per i vostri Duchi. A proposito, quando arriveranno?”
“Non dovrebbe mancare molto mio caro Nicolas. Il viaggio da Firenze è stato piuttosto difficoltoso con questo tempo gelido, ma la loro carrozza non dovrebbe tardare. Entro sera al massimo il Duca e la sua signora dovrebbero arrivare a Roma. Una volta in città e raggiunto il quartiere degli artisti, chiunque sarà in grado di indicare la vostra dimora. Non temete, avete fatto un ottimo lavoro. Ve ne saranno grati.”
“Duecento scudi per aver inserito quei dettagli nel paesaggio e nemmeno vorranno prendersi il quadro?”
“L’importante è che quei riferimenti si possano tramandare Nicolas, è della massima importanza. Vi ho già mostrato come la piccola tela che mi hanno affidato, abbia subito danni così gravi da temere per l’incolumità del dipinto nei prossimi anni. Il Duca di Guisa e la Duchessa di Joyeuse sono in esilio a Firenze e, pur discretamente sorvegliati dalle spie del Cardinale Richelieu, godono di una certa libertà, concessa a loro dal casato dei Lorena. Ciononostante,hanno atteso a lungo prima di affidare il loro segreto ad altri. Il rancore verso di loro non si è ancora spento ed il pericolo che rappresenta questo luogo per la corona di Francia è grande.
La duchessa Henriette-Caterine m’invitò, tramite fidati amici comuni, mentre mi trovavo in visita al povero Galileo e, in quell’occasione, mi raccontò tutto affidandomi il dipinto che vi mostrai. Ora verranno solo ad assicurarsi che il risultato sia all’altezza delle loro aspettative e che il messaggio possa tramandarsi. Non porteranno nulla con loro a Firenze, nessuno avrà nulla da riferire…”
“Nondimeno, Padre, ho pensato che sarebbe stato meglio dissimulare questo sito in un altro dipinto, con più calma e questa volta a titolo completamente gratuito. Venite, ve lo mostrerò”
Così facendo il pittore si avvicinò ad un cavalletto coperto da un telo.
“Ecco – disse scoprendolo – è solo in attesa di una commissione, lo sfondo sarà già pronto.”
La stessa collina si stagliava nel disegno sulla tela e , se ancora non fosse stato sufficiente, un personaggio al centro la indicava fermamente con un dito.
(Poussin, Il Battesimo di Cristo)
Restarono assorti per qualche tempo fissando quel luogo idilliaco.
“Sembra quasi che voi abbiate posato il cavalletto proprio lì davanti, tanto è perfetta nei particolari.”
“Io? Io non so nemmeno dove sia… ma voi sì, vero?” chiese maliziosamente il francese tornando lentamente verso il primo dipinto.
“Si, non vedo perché negarlo, lo so! E’ nella lontana Linguadoca, all’ombra dei Pirenei, tra il castello della città di Arcis e quello dell’antica Reddis. Si trova sulla linea del Meridiano sacro, incredibilmente protetto entro una cerchia di fortezze che lo circondano come una corona. Il luogo è sempre stato ben protetto, ma senza dare mai troppo nell’occhio.”
“Un segreto tramandato tra pochi eletti che sanno tenere la bocca chiusa. Abbiamo molto in comune con queste persone, per questo ho raffigurato il nostro Arpocrate, dio della riservatezza iniziatica, nell’ombra del personaggio che indica il sepolcro.
Vedete amico mio? Il dito tocca la bocca ad indicare il silenzio, mentre sul sepolcro nella scritta ET IN ARCADIA EGO viene indicato non la D di Dio, ma la R di Re. Il sepolcro del Re dei Re: un Uomo.”
“Un segreto che farebbe vacillare la fede di molti, Nicolas”
“Ed anche molti troni, suppongo. Voi che ne pensate?”
“Il mio Dio è il supremo organista della grande musica del mondo, dai tempi dei tempi. Passato attraverso mille nomi, continua a diffondere l’armonia dell’Universo sperando di vibrare fin dentro il nostro corpo e risvegliarne l’anima. Dio è altezza, larghezza e profondità; è luce, suono e spirito. Nessuna tomba potrà mai contenerlo.”
La rossa luna piena si rimirava vanitosa nelle scure acque del Tevere. Distrattamente illuminava i contorni della vettura in attesa da tempo sotto la casa dell’artista. Dalla porta uscì una vecchia coppia che si sosteneva reciprocamente, dandosi affettuosamente il braccio. Il sito finalmente riviveva, custodito dove nessuno l’avrebbe cercato. Molto, molto vicino al trono di Roma.
Poussin, La Felicità soggetta alla morte.
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