Natale era l’unica occasione per avere dei giocattoli nuovi.
Pochi.
Eri costretto quindi a scegliere qualcosa e rinunciare, ovviamente, a qualcos’altro; dovevi perciò giocare molto bene le tue carte se non volevi rischiare di trovarti tra le mani per tutto l’anno seguente, qualcosa su cui ti accorgevi con sgomento di aver irrimediabilmente perso l’interesse dopo pochi giorni. La letterina ‘a chi di dovere’ andava dunque meditata con mesi d’anticipo; sarà forse per questo motivo, penso, che Natale mi viene in mente subito dopo il Ferragosto.
Tra i doni più ambiti, comunque, quelli che non rischiavano di deludere e che avevano al massimo bisogno di un ricambio per l’eccessivo uso, ricordo che non poteva mancare Il Gran Teatro dei Burattini.
Pochi.
Eri costretto quindi a scegliere qualcosa e rinunciare, ovviamente, a qualcos’altro; dovevi perciò giocare molto bene le tue carte se non volevi rischiare di trovarti tra le mani per tutto l’anno seguente, qualcosa su cui ti accorgevi con sgomento di aver irrimediabilmente perso l’interesse dopo pochi giorni. La letterina ‘a chi di dovere’ andava dunque meditata con mesi d’anticipo; sarà forse per questo motivo, penso, che Natale mi viene in mente subito dopo il Ferragosto.
Tra i doni più ambiti, comunque, quelli che non rischiavano di deludere e che avevano al massimo bisogno di un ricambio per l’eccessivo uso, ricordo che non poteva mancare Il Gran Teatro dei Burattini.
Si presentava come un largo cassetto decoratissimo e chiuso su tutti i lati, con una dozzina di fori sul coperchio. Tirando il cassetto apparivano le quinte da incastrare nei suddetti buchi, su di un lato c’era raffigurata la sala del trono e sull’altro un bosco da cui si intravedeva il castello in cui presumibilmente si svolgevano le vicende. Coricati diligentemente uno accanto all’altro poi, i personaggi della Corte - peraltro nemmeno tanto numerosi - attendevano pazientemente il loro turno per entrare in scena. Immancabili Re e Regina, poi la principessa, il bel Guardiacaccia che aspirava alla di lei mano (o era un giovane principe?), un prete oppure un giullare, o ancora la strega o il diavolo secondo quello che ti capitava nella confezione, come i cioccolatini di Forrest Gump. Così, con un po’ di fantasia, aprendo quel cassetto sempre uguale prendevano corpo, come un’infinita variante matematica, storie sempre diverse spesso rappresentate davanti ad un pubblico numeroso ed entusiasta che nemmeno esisteva. Ma il piacere di raccontare quelle storie era sufficiente a passare bene gran parte della giornata.
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