giovedì 16 ottobre 2008

Romanza


Forse è la luce, forse i profumi, qualcosa comunque che accende i sensi e l’istinto. Che tu stia entrando in una terra speciale, ne hai il sentore lungo tutto il tragitto che fila dritto e rassicurante verso Sud. Ma appena lasci l’autostrada che costeggia il mare, girando attorno alle guglie gotiche della cattedrale di Narbonne, ne hai la certezza. Sulla cima delle colline tutt'intorno, si profilano le mura di antiche fortezze ormai diroccate che sembrano rimaste a guardia di qualcosa che, seppur soffocato in tempi lontani, cova vivace sotto la brace pronto a riaccendersi se solo spira il vento giusto. Il vento necessario è solo un alito, un respiro, una parola. E’ il suono della lingua occitana che soffia tra le ginestre e il mare e racconta da sempre l’amore per un’identità che non si vuole perdere a nessun costo. E’ il Patois accorato dei cartelli del 1907, quello schietto dei contadini che si raccontano la giornata, quello che da straniero ascolti di nascosto affascinato dall’intrigante poesia del suono. Così non è difficile, fermandosi ad ammirare incantati (ancora una volta) i cappelli da fata rossi e blu ritti sulle torri di Carcassona, intonare, sorpresi dalla facilità con cui è entrata a far parte del tuo bagaglio conoscitivo, un’aria trobadorica che sembra da sempre dormire nel cuore.

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